Casella di testo: Roberto Sorgo                                                                                                     Pagina iniziale > Religioni > Sindone

SINDONE

 

 

La reliquia forse  più nota e controversa è la Sindone. Questo termine greco significa «telo di lino» e deriva dall’ebraico sadìn, «lenzuolo»; indica il telo in cui si avvolgevano i defunti. La Sindone conservata a Torino reca impressa l’immagine di un uomo, di cui si vedono la parte anteriore e quella posteriore del corpo, come se il telo fosse stato collocato sotto il corpo, ripiegato sopra la testa e teso poi fino ai piedi. Secondo i cattolici sarebbe il sudario in cui fu avvolto Gesù dopo la crocifissione; pertanto l’immagine sarebbe quella del corpo di Cristo.

 

Altri sudari — Come per molte reliquie, anche per la Sindone non si tratta di un esemplare unico. Fra XIII e XIV secolo giravano per l’Europa circa quaranta sindoni o sudari «mondi», cioè senza immagini. Ciò che rende particolare la Sindone attualmente conservata a Torino è infatti la presenza dell’immagine. Oltre a questo, si conosce soltanto un altro caso di sudario con impresso il corpo di Gesù; questa Sindone, molto diversa da quella di Torino, essendo ben più corta, più larga e provvista di immagine soltanto della parte anteriore del corpo, venne trafugata a Costantinopoli nel 1204, durante il saccheggio operato dai crociati. Dopo vari spostamenti questa Sindone giunse nella cattedrale di Besançon, in Francia, dove fu distrutta da un incendio nel 1349, ma 28 anni dopo fu ritrovata «miracolosamente» intatta in un armadio (si trattava in realtà di una copia pittorica di quella perduta). Il riformatore Giovanni Calvino osservava in proposito: «Ogni volta che una Sindone è bruciata se ne è subito trovata una nuova».

 

Crociata a Smirne — La Sindone attuale compare invece attorno alla metà del XIV secolo. Nel 1345-46 Goffredo (Geoffroi) di Charny, feudatario di Lirey (nella Champagne, in Francia), prende parte a una crociata indetta dal Delfino di Vienne Umberto II contro i turchi a Smirne. Dopo la «liberazione» della città e l’immancabile saccheggio, Goffredo trova la Sindone e la porta a Lirey con il resto del proprio bottino. Se la Sindone fosse stata considerata autentica sarebbe stata assegnata al comandante della spedizione; ma si sapeva dell’esistenza della Sindone di Besançon, per cui questa non poteva che essere un falso.

Nel giugno del 1357, circa nove mesi dopo la morte di Goffredo, una lettera di 12 vescovi di Avignone afferma che tra le reliquie della chiesa di Lirey non c’è nessuna sindone; probabilmente la reliquia era considerata un’imitazione e veniva tenuta in casa come souvenir. Nello stesso anno 1357 vi è però la prima ostensione, su idea del decano della collegiata di Lirey, Robert de Caillac, e della vedova di Goffredo.

 

Ostensioni — Nel 1389 è documentata una seconda ostensione. Nel 1390 una bolla di papa Clemente VII nega l’autenticità della Sindone. Ripetutamente i vescovi di Troyes intervengono vietando l’ostensione perché i canonici di Lirey, pur sapendo che si tratta di un’imitazione, fanno credere al popolo che sia autentica. Inoltre un artigiano dell’epoca ammette di avere «rinfrescato» con pittura rossa le macchie di sangue sulla Sindone per renderle più realistiche; in realtà ottiene l’effetto contrario: il sangue rappreso non rimane rosso, diventa subito scuro, quasi nero, per cui le macchie rosse sono evidentemente contraffatte.

Nel 1453 Margherita, nipote di Goffredo di Charny, vendette il telo ai Savoia, che lo trasferirono a Chambéry, dove nel 1532 la cappella subì un incendio e la Sindone andò incontro a gravi bruciature e anche a perforazioni causate dallo stagno fuso del reliquiario in cui era racchiusa. Nel 1578 il telo fu trasferito a Torino. Nel frattempo la Chiesa aveva cambiato parere e, con papa Giulio II, all’inizio del XVI secolo aveva dichiarato autentica la reliquia.

 

Studi — La Sindone è oggetto di studi da diversi decenni, e le polemiche fra sostenitori della sua autenticità e fautori di un’origine medievale del telo non sono ancora cessate. Tuttavia è difficile credere che sia autentica, soprattutto alla luce della datazione col metodo del radiocarbonio condotta nel 1988 da tre laboratori indipendenti (a Zurigo, Oxford e Tucson), secondo cui il telo sarebbe stato realizzato in un arco di tempo che va dal 1260 al 1390, un periodo perfettamente compatibile con il ritrovamento avvenuto intorno alla metà del XIV secolo.

La difficoltà principale sta nello spiegare il metodo con cui è stata realizzata l’immagine sul telo. Certamente non si tratta di un dipinto. Poiché l’immagine sembra una strinatura (come quando si lascia troppo a lungo un ferro da stiro caldo su un indumento), si è avanzata l’ipotesi che si tratti di un disegno ottenuto con la tecnica della pirografia, ovvero dell’incisione con un punteruolo metallico incandescente; un disegno analogo realizzato con la pirografia ha dato risultati simili alla Sindone. Un’altra possibilità è che l’immagine sia stata ottenuta avvolgendo un telo attorno a un bassorilievo metallico poi surriscaldato; con quest’ultimo metodo il professor Vittorio Pesce Delfino, dell’università di Bari, ottenne nel 1978 un’immagine analoga alla Sindone. Più di recente, Joe Nickell, dell’associazione Csi (ex Csicop, l’equivalente americano del Cicap), ha sperimentato un’altra tecnica, sfregando con ocra in polvere un telo precedentemente avvolto inumidito attorno a un bassorilievo. Potrebbe essere proprio questo il metodo adottato, considerando che sono state trovate sulla Sindone tracce di ocra rossa. Il pigmento col tempo si sarebbe quindi staccato, lasciando sotto di sé le fibre di lino ingiallite.

 

Particolari — Vi sono molti particolari che sono stati oggetto di indagine. Si è parlato per esempio di monete di epoca romana collocate sugli occhi, ma si tratta di illusioni ottiche dovute ai forti ingrandimenti delle immagini. Fra l’altro questa congettura si basava su vecchie foto a bassa risoluzione, mentre nelle foto recenti di migliore qualità non vi è traccia di monete.

Si sono poi menzionate tracce di pollini di piante della Palestina di duemila anni fa, ma questa circostanza è stata smentita dallo stesso autore delle analisi, lo svizzero Max Frei-Sulzer. Per un’esposizione dettagliata dei vari aspetti controversi della Sindone si rimanda a quanto scrive Luigi Garlaschelli del Cicap, per esempio nella trattazione riportata nel libro Grandi misteri della storia di Massimo Polidoro (Piemme, Casale Monferrato 2002), o nel Quaderno del Cicap numero 11, In cerca di Miracoli. Si può inoltre consultare il sito del Cicap (www.cicap.org).

 

Conclusioni — Per sintetizzare, la Sindone è un prodotto della civiltà bizantina e del culto medievale delle reliquie. Infatti l’immagine di Gesù riportata sul telo, ossia di un uomo disteso con le mani incrociate all’altezza del pube, è tipica dell’Oriente bizantino dei secoli XII-XIV ed è diversa dall’iconografia dei primi secoli; e la barba a due punte rivela l’origine medievale, poiché prima non si usava una barba del genere nelle rappresentazioni del volto di Gesù. Inoltre il telo di lino è un tessuto spigato con rapporto fra trama e ordito di 3:1. L’unico esempio che si conosca di questo tipo di tessuto è conservato al Victoria & Albert Museum di Londra e risale al XIV secolo. Di recente è stato ritrovato in Palestina un sudario risalente al I secolo d.C., il cui tessuto ha un rapporto trama-ordito di 2:1. Pertanto tutti gli indizi (documentazione storica, analisi col radiocarbonio, iconografia, tessitura) puntano nella stessa direzione: la Sindone venne prodotta in Anatolia, nell’impero bizantino, verso la fine del XIII secolo, con l’intento preciso di creare una reliquia.

Dopo le analisi del 1988, la posizione della Chiesa cattolica è stata inizialmente di accettare il verdetto di non autenticità, modificando la qualifica della Sindone da «reliquia» a «veneranda icona». La Sindone viene tuttavia esposta regolarmente e attira decine di migliaia di pellegrini.

 

 

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