Casella di testo: Roberto Sorgo                                                                                                Pagina iniziale > Articoli > Palestina 1

STORIA DELLA PALESTINA (1)

 

 

 

L’Impero Ottomano

 

La lunga vicenda che avrebbe portato alla nascita dello Stato di Israele ebbe inizio nel 1882. Prima di narrare questa storia, però, è opportuno esaminare brevemente la situazione della Palestina e del Medio Oriente a quell’epoca. Alla metà del XIX secolo non soltanto la Palestina, ma anche tutto quel vasto territorio che costituisce il Medio Oriente arabo, con gli attuali Egitto, Siria, Libano, Giordania, Iraq e parte dell’Arabia Saudita, erano inglobati nei possedimenti dell’Impero Ottomano.

Rispetto alla sua massima estensione, raggiunta alla fine del XVII secolo, l’Impero Ottomano alla metà del XIX secolo aveva già perso vari territori. L’Algeria era finita sotto la dominazione francese, parte della Grecia aveva raggiunto l’indipendenza, e diversi possedimenti europei erano stati inglobati dalla Russia e dall’Austria oppure erano diventati indipendenti.

L’Egitto aveva visto negli anni 1830-40 la ribellione di Muhammad ‘Ali (o Mehmet Ali in turco), un albanese originario della Macedonia (pure territorio ottomano) che aveva combattuto contro Napoleone in Egitto e poi era diventato governatore del paese. Muhammad ‘Ali si ribellò contro Istanbul invadendo la Palestina e la Siria. La rivolta fu poi soppressa dagli ottomani con l’aiuto della Russia. Tuttavia nel 1881, mentre la Tunisia veniva conquistata dalla Francia, l’Egitto cadde sotto la dominazione britannica, pur rimanendo formalmente parte dell’Impero Ottomano sotto la guida dei discendenti di Muhammad ‘Ali, che avrebbero regnato fino agli anni Cinquanta del XX secolo. L’importanza dell’Egitto si era frattanto accresciuta grazie alla costruzione del canale di Suez, inaugurato nel 1869.

 

Potenze europee — In tutto questo periodo si manifestava una certa contraddizione nella politica delle potenze europee, ancora impegnate in varie parti del mondo a contendersi territori coloniali. Da un lato gli europei consideravano l’Impero Ottomano il «grande malato» d’Europa, poiché l’Impero non era riuscito a darsi un’amministrazione centralizzata ed efficiente come gli Stati europei, per la riscossione delle imposte e l’organizzazione delle forze armate; tuttavia gli europei sapevano che un eventuale crollo dell’Impero Ottomano avrebbe provocato una guerra fra le potenze europee per la spartizione dei territori e, mentre erano ancora vividi i ricordi dei massacri causati dalle guerre napoleoniche, si voleva evitare una nuova carneficina. Dall’altro lato però gli Stati europei approfittavano della debolezza dell’amministrazione ottomana, e della forte autonomia goduta soprattutto dai territori più lontani dalla capitale, per impadronirsi di vaste zone, indebolendo così sempre più l’Impero.

Frattanto la situazione finanziaria ottomana si andava deteriorando, e gli europei detenevano gran parte del debito pubblico dell’Impero. Nel 1881 fu istituita una commissione, composta da rappresentanti delle potenze europee, incaricata di gestire il debito pubblico ottomano e di riscuotere dazi e imposte varie, sottraendo così una fetta di sovranità al governo del sultano.

 

Capitolazioni — Gli europei traevano vantaggio inoltre dal regime delle Capitolazioni. Si trattava di accordi con l’Impero Ottomano in base ai quali ambasciatori e consoli degli Stati europei fungevano da punto di riferimento per attirare nei territori ottomani investitori e operatori economici dall’Europa. Gli europei avviavano pertanto attività commerciali e industriali e potevano sfruttare questi territori quasi fossero stati loro colonie, senza però l’onere di amministrarli. Inoltre godevano di numerosi privilegi; per esempio, la polizia ottomana non poteva nemmeno entrare nella residenza di un europeo senza l’autorizzazione del console. Questi privilegi e la ricchezza degli europei in confronto ai sudditi ottomani suscitavano risentimenti fra la popolazione. Altra fonte di risentimento era la politica europea di intervento a favore delle popolazioni cristiane dell’Impero Ottomano. Già da diversi decenni le potenze europee si dichiaravano protettrici di tali comunità, per indebolire ulteriormente il sultano e preparare future annessioni. Così i russi proteggevano le popolazioni cristiane ortodosse (greci, bulgari) e i francesi patrocinavano i cristiani maroniti del Libano (i maroniti sono cattolici di rito orientale).

 

Luoghi santi — Un’altra fonte di contatti con l’Europa era data dalla presenza in Palestina dei luoghi santi cristiani, i quali attiravano non soltanto numerosi pellegrini ma anche veri e propri immigrati, che per motivi religiosi si trasferivano in località legate al culto cristiano (Gerusalemme, Betlemme, Nazareth). I pellegrinaggi riguardavano ovviamente anche il mondo musulmano: oltre a Gerusalemme, i principali luoghi santi dell’Islam (Mecca e Medina) nella regione dello Hijaz, sulla costa araba del Mar Rosso, pure territorio ottomano, attiravano ogni anno migliaia di pellegrini, organizzati in carovane che partivano dal Cairo e da Damasco.

L’Islam era importante nell’Impero Ottomano soprattutto perché, da quando i territori europei, prevalentemente cristiani, erano andati perduti, la religione musulmana aveva assunto una funzione di collante della complessa identità ottomana. Infatti l’Impero era molto eterogeneo; a parte i turchi, che costituivano l’etnia dominante, e le numerose popolazioni arabe del Medio Oriente, si contavano una ventina di popolazioni diverse (dai curdi agli armeni, dai greci agli albanesi). Varie popolazioni non musulmane erano organizzate in base all’istituto del millet (in turco, «nazione»), che prevedeva un’ampia autonomia per queste comunità: guidate da una propria autorità religiosa, in cambio di una certa imposizione fiscale erano esentate dal servizio militare e potevano amministrare la giustizia per le questioni interne. Sebbene questi millet riguardassero perlopiù popolazioni cristiane, in Palestina vi era un millet ebraico.

 

Sultano — Il sovrano ottomano rivestiva un duplice ruolo, temporale e spirituale, poiché oltre al titolo di sultano (ossia re, imperatore) possedeva anche quello di califfo (dall’arabo khalifa, «successore» del profeta). Secondo la tradizione, probabilmente inventata, questo titolo sarebbe stato trasmesso al sultano ottomano dall’ultimo rappresentante della dinastia abbaside (che aveva regnato a Baghdad fino al 1258) presente al Cairo nel 1517, al momento della conquista ottomana dell’Egitto. Il titolo di califfo faceva del sultano ottomano la massima autorità religiosa dell’Islam sunnita.

Dal punto di vista amministrativo l’Impero Ottomano era suddiviso in province, chiamate in turco vilayet, e in territori più piccoli, che componevano i vilayet oppure erano autonomi e venivano chiamati sangiaccati, dal turco sancak (pronunciato sangiàk), «bandiera», poiché il sultano consegnava ai governatori una bandiera come simbolo dell’autorità.

Per quanto riguarda la Palestina, il territorio a est del fiume Giordano faceva parte del vilayet di Siria, mentre a ovest la zona settentrionale della Palestina costituiva assieme all’attuale Libano il vilayet di Beirut, e il territorio meridionale, con Gerusalemme, Giaffa e Gaza, formava il sangiaccato indipendente di Gerusalemme. Attorno alla metà del XIX secolo la popolazione della Palestina era di circa 500 mila persone; in grande maggioranza si trattava di arabi musulmani, ma vi erano anche 60 mila cristiani, 20 mila ebrei (che come detto formavano un millet), 50 mila funzionari e militari ottomani e 10 mila europei.

 

 

 

Una patria per gli ebrei

 

Un’idea importante che sta alla base della nascita dello Stato di Israele è il nazionalismo. È un’idea europea, una delle tante nate con la rivoluzione francese, poi sviluppata da vari autori, fra cui Giuseppe Mazzini (1805-1872). Quest’ultimo ebbe una forte influenza nell’Europa del XIX secolo, poiché con le sue società segrete (Giovine Italia, Giovine Europa) ispirò vari movimenti indipendentisti. Mazzini infatti propugnava un’attività rivoluzionaria per raggiungere l’unità o l’indipendenza della nazione.

Alla fine queste idee arrivarono anche nell’Impero Ottomano, con la Giovane Turchia. Questo movimento, nato come società segreta di ispirazione mazziniana, conquistò il potere nel 1908 costringendo poi il sultano Abdülhamid II ad abdicare in favore del più docile Mehmet V e occupando i principali incarichi governativi. I Giovani Turchi introdussero nell’Impero il nazionalismo turco, sottolineando pertanto la supremazia dei turchi rispetto alle altre nazionalità ottomane, a cominciare dagli arabi. Più tardi, in risposta a questo nazionalismo turco, nacque un nazionalismo arabo, che inizialmente era di tipo panarabo, ossia considerava tutti gli arabi del Medio Oriente come appartenenti a un unico popolo. Per quanto riguarda la Palestina, si potrà parlare di nazionalismo palestinese e non più panarabo solamente a partire dagli anni Sessanta del XX secolo.

 

Nazionalismo — Che cosa dice il nazionalismo? In estrema sintesi, che l’umanità è divisa in nazioni, ossia in popoli; ogni popolo vive in un determinato territorio e su quel territorio dovrebbe costituire un suo Stato. L’ideale del nazionalismo è pertanto una suddivisione del mondo in Stati che ricalchi la suddivisione dei gruppi umani in nazioni. Ogni nazione avrebbe dunque determinate caratteristiche, che la distinguerebbero dalle altre nazioni, e avrebbe a disposizione un territorio ben definito dove vivere e dove fondare lo Stato nazionale. Oggi sappiamo che questa idea non ha fondamento, ma nel XIX e nel XX secolo ha consentito a molti paesi di conquistare l’unità (come l’Italia) o l’indipendenza dal dominio coloniale.

Per ciò che riguarda gli ebrei, già da secoli oggetto di discriminazione quando non di persecuzione in Europa e nel bacino del Mediterraneo, il nazionalismo complicava ulteriormente le cose, poiché quando si definivano le nazioni non vi era mai spazio per gli ebrei: gli ebrei tedeschi erano prima di tutto ebrei, e solo secondariamente tedeschi, gli ebrei francesi erano ebrei e non propriamente francesi e così via. Allo stesso tempo però il nazionalismo offriva agli ebrei anche una via d’uscita: se l’umanità è divisa in popoli, esiste naturalmente anche il popolo ebraico; questo popolo tuttavia non ha un suo territorio dove costituire un proprio Stato. Allora l’obiettivo diventerà quello di radunare il popolo ebraico, o almeno una sua parte consistente, in un unico territorio, dove costituire uno Stato ebraico.

 

Sionismo — Questo obiettivo verrà chiamato sionismo. Il termine deriva da Sion (in ebraico Tziòn), una collina nei dintorni di Gerusalemme; il nome compare spesso nella Bibbia come sinonimo di Gerusalemme, ma è anche un luogo più simbolico che reale, un punto d’incontro fra l’umanità e Dio. Allora salire sul monte Sion significa andare incontro a Dio, quindi migliorare la propria esistenza. Pertanto l’immigrazione ebraica in Palestina verrà chiamata ‘aliyàh, «salita», intendendo la salita sul monte Sion (e l’emigrazione dalla Palestina sarà chiamata yeridàh, «discesa»).

Storicamente si colloca la prima ‘aliyàh nel 1882. Perché proprio in quell’anno? Nel 1881 in Russia fu assassinato lo zar Alessandro II. L’attentato era opera di un gruppo rivoluzionario, i cosiddetti populisti, attivisti politici affini agli anarchici. Va osservato che all’epoca i terroristi internazionali erano proprio gli anarchici, che compivano attentati in tutta Europa e assassinavano capi di Stato e di governo. Così per esempio furono uccisi da anarchici il re d’Italia Umberto I, l’imperatrice d’Austria Elisabetta (Sissi), il presidente francese Carnot, ma anche il presidente americano McKinley.

 

Pogrom — Dopo l’assassinio dello zar, però, la colpa, come spesso succedeva, fu addossata agli ebrei, poiché si riteneva che dietro i vari movimenti rivoluzionari di stampo socialista e anarchico vi fossero gli ebrei, intenti a cospirare contro il potere costituito. Questa accusa, avvalorata dallo stesso Alessandro III, successore dello zar assassinato, scatenò un’ondata di pogròm, un termine russo («devastazione, distruzione») con cui si indicano quegli assalti indiscriminati agli ebrei e alle loro proprietà, con massacri e violenze, che periodicamente si scatenavano contro le comunità ebraiche un po’ dappertutto, ma in particolar modo nell’impero zarista, fra la Russia meridionale e la Polonia, dove viveva la maggior parte degli ebrei europei.

 

Fuga degli ebrei — Questa nuova ondata di violenze indusse molti ebrei a fuggire, in maggioranza verso gli Stati Uniti, ma anche verso altri paesi europei; però un piccolo gruppo si trasferì in Palestina. Nacque in alcune città russe un’associazione ebraica chiamata Hovevì Tziòn («Amanti di Sion») che organizzava tali viaggi di emigrazione verso le terre di origine degli ebrei.

Questi primi coloni acquistavano terreni e vi impiantavano aziende agricole. A emigrare in Palestina erano gli ebrei più idealisti, spinti non tanto da motivazioni religiose quanto da nazionalismo e socialismo. Entrambe queste ideologie dal punto di vista pratico andavano però a scapito degli arabi, poiché gli ebrei, in quanto nazionalisti, ritenevano di dovere creare degli insediamenti soltanto ebraici, senza l’uso di manodopera araba, mentre l’ideologia socialista imponeva loro di non sfruttare i braccianti arabi, i quali però in questo modo si ritrovavano senza lavoro e si vedevano costretti a lasciare i terreni su cui vivevano da generazioni, ora acquistati dagli ebrei. Per quanto questa prima immigrazione ebraica fosse piuttosto modesta dal punto di vista numerico, vi fu sin dall’inizio un atteggiamento di ostilità reciproca fra ebrei e arabi.

 

 

 

Il sionismo di Herzl

 

Il termine sionismo fu coniato dallo scrittore ebraico viennese Nathan Birnbaum nel 1885, ma acquistò risonanza nell’ultimo decennio del XIX secolo grazie all’opera di Theodor Herzl, un ebreo ungherese trapiantato a Vienna che svolgeva attività di giornalista e autore teatrale (senza grande successo). La svolta nella vita di Herzl giunse quando negli anni Novanta, quale corrispondente da Parigi per un quotidiano viennese, si trovò a seguire il caso Dreyfus. Come si ricorderà, Alfred Dreyfus era un ufficiale dell’esercito francese, ebreo alsaziano, accusato di tradimento per avere passato informazioni ai tedeschi. Le accuse erano false e dettate dall’antisemitismo, all’epoca imperante in tutta Europa.

Herzl rimase sconvolto proprio dalla diffusione dell’antisemitismo persino in Francia. Va ricordato che la Francia era considerata la patria dei diritti umani e quindi anche della cosiddetta emancipazione degli ebrei. All’epoca della rivoluzione si era affermata l’uguaglianza di tutte le religioni, il che significava sostanzialmente pari diritti per gli ebrei. Questa uguaglianza era stata recepita dal Codice napoleonico, che nel XIX secolo aveva influenzato numerose legislazioni europee. Così in molti paesi erano state eliminate varie restrizioni da tempo esistenti a danno degli ebrei: l’obbligo di risiedere nei ghetti o in determinati territori, il divieto di acquistare terreni o di praticare certe professioni, l’esclusione dal diritto di cittadinanza.

Ora, una tale diffusione dell’antisemitismo proprio in Francia indusse Herzl a ritenere che per gli ebrei non vi fosse possibilità di assimilazione, di vera uguaglianza, tanto più che con la diffusione del nazionalismo gli ebrei rimanevano sempre esclusi dalle nazioni di appartenenza.

 

Minoranza — Poiché gli ebrei erano presenti in vari paesi ma costituivano sempre una minoranza, spesso soggetta a discriminazioni se non a persecuzioni, l’obiettivo doveva essere quello di creare in un dato territorio una maggioranza ebraica che potesse costituire un proprio Stato. Herzl espose queste idee in un celebre libro intitolato Der Judenstaat («Lo Stato ebraico» o «Lo Stato degli ebrei»), pubblicato nel 1896. Va detto che secondo Herzl questo Stato ebraico non doveva necessariamente nascere in Palestina; poteva andar bene qualche altro paese, perfino un territorio disabitato dell’Argentina. Tuttavia il primo Congresso sionista, tenutosi a Basilea, in Svizzera, nel 1897, decise di puntare sulla Palestina e di favorire l’immigrazione ebraica in quel territorio.

Per inciso, il termine Palestina (in arabo Filastin) era un termine classico europeo, usato per indicare la biblica «terra dei filistei». Benché la denominazione Filastin fosse stata usata nell’impero abbaside, nel periodo precedente alle crociate, per indicare il territorio centro-meridionale della Palestina attuale, in epoca moderna tale denominazione non veniva più utilizzata; gli ebrei chiamavano questa zona «Terra di Israele» (Eretz Yisrael), ma comunemente il territorio tra il fiume Giordano e il Mediterraneo veniva definito «Terra Santa». Il termine Palestina sarà invece reintrodotto dai britannici.

 

Questione nascosta — Al termine del Congresso di Basilea, i rabbini di Vienna inviarono due loro rappresentanti in Palestina, per rendersi conto della situazione. Il risultato fu un famoso telegramma in cui i rabbini dicevano: «La sposa è bellissima, ma è maritata a un altro uomo». Ovviamente si intendeva: la Palestina andrebbe benissimo, ma ci sono gli arabi. Questo problema diventerà la cosiddetta «questione nascosta». I sionisti per lungo tempo non affrontarono il problema di che cosa fare con gli arabi, da un lato perché sottovalutavano l’ostilità suscitata dall’immigrazione ebraica in Palestina, dall’altro lato perché ritenevano che tale immigrazione, apportando capitali, capacità tecniche e investimenti, sarebbe andata a vantaggio anche degli arabi, per cui a lungo andare il problema si sarebbe risolto da solo. Questa mancata volontà di affrontare la questione e di coinvolgere gli arabi nel progetto sionista, nella convinzione che tale progetto dovesse riguardare soltanto gli ebrei, è alla base di tutti i conflitti che perdurano ancora oggi in Palestina.

 

Ricerca di sostegno — Herzl ricercò il sostegno degli ebrei ricchi, a cominciare dalla famiglia Rothschild, poi provò a convincere gli ottomani a dare in affitto la Palestina agli ebrei, ma tutto senza successo. Divenne però una sorta di profeta del sionismo, acclamato dalle popolazioni ebraiche di tutta Europa. Incontrò vari capi di Stato e di governo, per cercare di far valere le ragioni degli ebrei. A Londra cercò di convincere il governo britannico a mettere a disposizione degli ebrei un territorio a Cipro, poi nella zona egiziana di al-‘Arish (sulla costa mediterranea del Sinai, poco distante dalla Striscia di Gaza), ma gli inglesi rifiutarono e proposero in cambio l’Uganda, altra colonia britannica, però le trattative non andarono in porto, soprattutto perché ormai il movimento sionista puntava sulla Palestina. Herzl morì precocemente nel 1904, senza che la questione si fosse risolta.

 

Immigrazione — Frattanto proseguiva l’immigrazione ebraica in Palestina. Va osservato che tale immigrazione era vista dagli arabi palestinesi come una nuova colonizzazione, analoga all’afflusso di europei favorito dal regime delle Capitolazioni: gli ebrei erano infatti europei, anche se non avevano dietro le spalle consoli e ambasciatori, e tanto meno uno Stato con intenti colonizzatori, anzi fuggivano dai paesi di origine. D’altro canto gli ebrei stessi si consideravano europei, per quanto di lontana origine mediorientale, e condividevano l’atteggiamento di superiorità nei confronti dei non europei tanto diffuso all’epoca. Il modo di pensare razzista, secondo cui gli europei costituivano una razza superiore, e il loro vantaggio economico e tecnologico era frutto di una superiorità anche biologica innata, era piuttosto comune soprattutto nelle potenze coloniali. Nei confronti dei popoli colonizzati questo modo di pensare nel migliore dei casi comportava un atteggiamento paternalistico, come se tali popolazioni fossero state irrimediabilmente primitive, da trattare come eterni bambini; e nel peggiore dei casi giustificava crudeltà e violenze di ogni tipo. Soprattutto Francia e Gran Bretagna erano al proprio interno culle della democrazia, ma nelle colonie si comportavano da schiavisti e sfruttatori, senza sognarsi di concedere alle popolazioni locali i diritti che in patria rivendicavano per i propri cittadini.

 

 

Ø Vai a Palestina 2

Ø Vai a Palestina 3

Ø Vai a Palestina 4

Ø Torna ad Articoli

Ø Torna alla Pagina iniziale