ESTASI
Si è parlato (nell’articolo Allucinazioni) di stati alterati di coscienza, in cui è facile avere visioni. In questa categoria rientra il fenomeno dell’estasi (dal greco, «stare fuori di sé»), una sorta di trance, ossia di perdita parziale di coscienza, in cui le percezioni sensoriali sono enormemente sviluppate e provocano forti emozioni e generalmente un senso di benessere e di gioia. La persona in estasi si sente distaccata dalla realtà, lontana da desideri terreni e di frequente pervasa da un’entità soprannaturale. A fare da contraltare a questa sensazione di esaltazione spirituale vi sono spesso diverse sofferenze fisiche: dolori di vario genere, svenimenti, febbri, vomito, ferite sanguinanti (fra cui, nel mondo cristiano cattolico, le stimmate), spasmi, paralisi, nonché anestesie e iperestesie, ossia riduzione o aumento della sensibilità del corpo. Per questo l’estasi è probabilmente da associare al disturbo psichico un tempo chiamato nevrosi isterica, che presenta proprio i sintomi elencati. Oggi si preferisce parlare di disturbo istrionico della personalità, disturbo di conversione e disturbo dissociato, in ciascuno dei quali compaiono alcuni di questi sintomi. In ogni caso tutti i grandi mistici della storia, da Teresa d’Avila (1515-1582) a Padre Pio (Francesco Forgione, 1887-1968), evidenziavano sintomi del genere. Solitamente però il soggetto non si cura di queste sofferenze, poiché la sua attenzione è rivolta all’aspetto spirituale e soprannaturale delle sue esperienze, mentre il corpo è visto quasi come un ostacolo all’accostamento al divino.
Dualismo — Questo dualismo fra corpo e anima è una concezione molto antica ed è alla base di tutte le esperienze religiose. Soltanto in tempi recentissimi, con lo sviluppo delle neuroscienze, siamo riusciti a capire che la psiche o anima o mente o come vogliamo chiamarla non è separabile dal corpo né immaginabile al di fuori di questo. Per di più tale consapevolezza non è ancora entrata a far parte delle conoscenze comuni, e molte persone, specialmente di fede religiosa, continuano a ritenere l’anima e il corpo due cose distinte e spesso in conflitto fra loro. Nel passato questa concezione era comune: si pensava che il corpo fosse tendenzialmente peccatore e corrotto, e solo l’anima potesse essere perfetta e pura. Allora una mortificazione del corpo, mediante digiuni o sofferenze fisiche, poteva rafforzare e purificare l’anima. Da qui le esperienze di ascetismo, digiuno prolungato e torture volontarie che caratterizzavano molte pratiche spirituali di tutti i tempi e di tutte le religioni. Per quanto l’estasi non sia necessariamente legata a convinzioni o esperienze di tipo religioso, è in questo contesto che il più delle volte viene riscontrata e interpretata. Più in generale gli stati alterati di coscienza sono da sempre un elemento costante delle esperienze mistiche, in cui il devoto ricerca un contatto diretto con la realtà soprannaturale. Molte pratiche religiose o spirituali, se portate all’estremo, possono condurre a stati alterati di coscienza: esercizi yoga, meditazione, preghiera, danze rituali, ascetismo, digiuno prolungato, ma anche torture come l’autoflagellazione e altro ancora. Mediante queste pratiche il mistico crea nella propria mente immagini ed esperienze sensoriali che poi interpreta come contatto con il soprannaturale, in base alle proprie convinzioni.
Stimmate — Anche le stimmate (o stigmate, dal greco stígma, stígmatos, «segno, marchio») sono collegate agli stati alterati di coscienza. Va detto che si tratta di un fenomeno quasi esclusivamente cattolico, che secondo la tradizione ebbe inizio nel 1224 con San Francesco d’Assisi (1182-1226). Per inciso, la conversione di San Francesco ebbe luogo dopo una crisi mistica innescata da allucinazioni in seguito a un periodo di febbre alta causata da una polmonite. Oggi sappiamo che quando la temperatura corporea supera i 38,5°C si smette di sognare; se la febbre perdura per qualche giorno, quando poi la temperatura scende si ha una sorta di compensazione e si sogna moltissimo, al punto che i sogni possono comparire anche nello stato di veglia, dando luogo così ad allucinazioni. Ai tempi di Francesco, come in ogni epoca del passato, non si sapeva nulla in proposito e non si poteva che attribuire l’attività onirica a un contatto col soprannaturale.
Prevalenza femminile — Tornando alle stimmate, dal XIII secolo a oggi si contano all’incirca 400 casi documentati, che nella grande maggioranza (circa 350) riguardano donne. Questa prevalenza femminile è probabilmente dovuta alla maggiore necessità per le donne di evadere dalla realtà, di sottrarsi a una situazione frustrante o angosciosa; ma forse anche alla maggiore capacità delle donne di immedesimarsi nel dolore altrui. Infatti l’origine delle stimmate può essere fatta risalire all’accento posto a partire dal XII secolo sull’umanità di Cristo e sulle sue sofferenze sulla croce, anziché sul lato spirituale o divino di Gesù; questo nuovo modo di vedere la figura di Cristo condusse nel 1264 all’istituzione della festività del Corpus Domini. Va osservato inoltre che nel Cristianesimo la figura di Gesù, grazie alla sua duplice natura umana e divina, ha sempre costituito il tramite fra terra e cielo, fra umanità e divinità, per cui i mistici cristiani, nella loro ricerca di un contatto diretto col divino, si sono rivolti a Gesù per accedere a Dio, evitando così il panteismo, ossia il concetto secondo cui la divinità sarebbe presente in ogni aspetto della natura, concetto che si riscontra nei filoni mistici di altre religioni.
Ferite sulla croce — Le stimmate dovrebbero riprodurre le ferite di Gesù sulla croce. Tuttavia compaiono in forme diverse nelle varie persone. Va tenuto presente che le raffigurazioni del crocifisso ebbero inizio diversi secoli dopo la caduta in disuso di tale genere di pena capitale, per cui non erano noti i dettagli di simili esecuzioni. Così le ferite sulla palma delle mani (presentate da Padre Pio e da quasi tutti gli altri) non necessariamente riproducono i chiodi usati per la crocifissione. In effetti tutta l’iconografia cristiana che raffigura Gesù con i chiodi sulle mani potrebbe essere sbagliata, poiché non ci sono prove dell’uso di tali chiodi. L’unica fonte in questo senso è l’evangelista Giovanni (20, 25), un greco cristiano che però scrive intorno al 100-110 d.C., ossia diversi decenni dopo i fatti che racconta e di cui non è stato testimone, mentre i Vangeli nel loro insieme non forniscono dettagli sulla crocifissione di Gesù. È stato fatto notare che le mani inchiodate non reggerebbero il peso del corpo sulla croce; tuttavia questo non è necessario, poiché l’uomo crocifisso stava praticamente seduto su una sorta di sgabello applicato alla croce, per cui non erano le mani a dovere reggere tutto il peso del corpo. Ciò nonostante è più probabile che i chiodi, se utilizzati, venissero applicati al polso o al braccio, per fissare meglio il corpo alla croce, ma ancora più probabile è che a questo scopo venissero usate delle corde. Finora è stato ritrovato soltanto un corpo di uomo crocifisso a Gerusalemme al tempo di Gesù, un certo Jehohanan, e non ci sono segni di chiodi né sulle mani né sulle braccia, mentre i piedi non erano stati inchiodati l’uno sull’altro come nelle consuete raffigurazioni di Gesù crocifisso, ma erano fissati lateralmente al palo verticale e tenuti in posizione da una barra trasversale. Quanto alla ferita al costato, provocata a Gesù dalla lancia del soldato (Giovanni 19, 34), nel Vangelo non viene detto su quale lato del corpo fosse stata inferta, e pertanto alcuni stigmatizzati presentano tale ferita sulla destra e altri sulla sinistra.
Automutilazione — Dal punto di vista psicologico, la caratteristica comune a tutte le persone con le stimmate è una scarsissima considerazione di sé, accompagnata da disturbi psichici o da isterismo e tendenza all’automutilazione. In sostanza si tratta di persone che si ritengono delle nullità e tendono a punirsi fisicamente per questa loro presunta inadeguatezza. Una donna della provincia di Caserta, Teresa Musco, morta nel 1976 a 33 anni, scriveva nel suo diario: «Signore, usami come straccio per le pulizie». Più in generale queste persone presentano affinità con i casi di autolesionismo riscontrati nei bambini che si sentono trascurati o non amati dai genitori e, per attirare su di sé l’attenzione che ritengono di non avere, si infliggono ferite anche gravi e perfino mutilazioni. Nei casi di stimmate si tratta ovviamente di adulti, non di bambini, ma quasi sempre si è dimostrato che le ferite erano autoinflitte. Odio per sé stessi, ricerca di attenzione e scarso amor proprio spingono questi soggetti a mutilarsi, talvolta in maniera cosciente (come molti di loro hanno confessato), talvolta in uno stato alterato di coscienza, causato per esempio da un eccesso di preghiera o da un digiuno prolungato. Le ferite possono poi ripresentarsi in certi casi anche per cause psicosomatiche, per autosuggestione, ma di solito sono gli stessi stigmatizzati a ferirsi volontariamente.
Padre Pio — Il caso di Padre Pio non fa eccezione, se non per il fatto che la ricerca di attenzione fosse ancora più marcata che in altri casi del genere. Un episodio della sua vita che dà un’idea della personalità di Padre Pio risale al 1917, dopo il congedo definitivo dall’esercito per motivi di salute. Avendo manifestato l’intenzione di tornare al convento di San Giovanni Rotondo, alla madre che vuole trattenerlo a casa dice: «Mamma, devo andare!». «A morire», interviene il padre. E il frate: «No, a diventare santo!» Il celebre francescano di Pietrelcina, ora effettivamente proclamato santo, soffriva di forti disturbi psichici: di notte nella sua stanza in convento urlava, sghignazzava, rovesciava mobili, rompeva oggetti, spesso si procurava lividi e perfino lussazioni; quando la mattina gli chiedevano che cosa fosse successo, rispondeva: «Ho lottato col demonio». È plausibile pertanto che in una di queste «notti agitate» si fosse procurato le famose ferite, in maniera pertanto inconsapevole; lui raccontava di un «personaggio celeste» non meglio identificato che gli sarebbe apparso e gli avrebbe inflitto le stimmate. Tuttavia in seguito, in maniera sicuramente consapevole, Padre Pio fece in modo di «conservare» queste ferite, cospargendole di sostanze irritanti che ne impedissero la cicatrizzazione; la stessa tintura di iodio, che di per sé è un disinfettante, se lasciata seccare e diventare vecchia sviluppa acido iodidrico che è irritante. Infatti alla morte di Padre Pio le stimmate erano scomparse, perché evidentemente negli ultimi tempi il frate non aveva avuto più la possibilità e nemmeno le forze per proseguire queste applicazioni.
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