Casella di testo: Roberto Sorgo                                                                                                     Pagina iniziale > Religioni > Betlemme

LA NASCITA DI GESÙ

 

 

 

L’invenzione più nota dei Vangeli è la narrazione della nascita di Gesù. Quali sono i motivi che inducono gli evangelisti Matteo e Luca a parlarne? Se ne possono individuare diversi, oltre a quello evidente di completare il racconto della vita di Gesù parlando anche della nascita.

Un motivo, forse secondario ma presente, è quello di indicare che questo personaggio è straordinario fin da principio. La nascita non è un evento comune, quotidiano, ma qualcosa di eccezionale. Era un’operazione che si faceva normalmente, non solo per personaggi leggendari, eroi, semidei (Ercole), divinità, ma anche per personaggi realmente esistiti (Platone, Alessandro Magno), di cui dopo la morte si magnificavano le imprese e fra le altre cose si narravano atti eccezionali compiuti durante l’infanzia e spesso anche una nascita straordinaria.

 

Augusto – Così per esempio dell’imperatore romano Ottaviano Augusto si raccontava una storia simile a quella narrata nel Vangelo di Matteo. Prima della nascita di Ottaviano, il padre, Ottavio, in sogno si vede comunicare da un messaggero celeste che la moglie è stata messa incinta dal dio Apollo; però questo figlio che nascerà sarà destinato a grandi imprese. È la stessa storia raccontata da Matteo: Giuseppe in sogno vede un angelo che gli dice le stesse cose (in maniera più dolce). Perciò l’evangelista non ha nemmeno dovuto fare la fatica di inventarsi una storia, perché l’aveva già bell’e pronta.

 

Figlio di Dio – Un secondo motivo è spiegare l’espressione «figlio di Dio» attribuita a Gesù. Nel mondo ebraico l’espressione si usava con vari significati. In senso ampio erano tutti figli di Dio: gli ebrei, in quanto popolo eletto, erano figli di Dio. In un senso più ristretto erano figli di Dio tutti coloro che avessero un rapporto privilegiato con Dio. Così i profeti, che parlavano a nome di Dio; anche i taumaturghi, che andavano in giro a operare miracoli, erano spesso chiamati figli di Dio. Ma soprattutto erano figli di Dio i re, considerati rappresentanti di Dio in terra: dovevano agire secondo la volontà di Dio, mettere in atto la volontà di Dio. Nella cerimonia di insediamento dei re, il sovrano veniva unto per indicare il favore divino (era dunque un messia, mashìach, in greco christós, «unto») e si cantava il salmo 2, in cui il re afferma: «Il Signore mi ha detto: “tu sei mio figlio, oggi ti ho generato”». Il re non era dunque figlio di Dio in precedenza, lo diventa quando sale al trono, perché da quel momento deve fare la volontà di Dio. Un’eco di questo salmo si trova nei Vangeli sinottici al momento del battesimo di Gesù per opera di Giovanni Battista. Qui la frase è leggermente diversa: «Tu sei il mio figlio diletto, in te mi sono compiaciuto» (richiama un passo di Isaia). Però in alcuni antichi manoscritti c’è proprio la frase del salmo 2, «oggi ti ho generato». Allora in un Vangelo come quello di Marco, dove non si parla della nascita di Gesù, questi diventa figlio di Dio al momento del battesimo.

 

Ebraico e greco – E ovviamente anche il futuro messia, nel ruolo di un re o di un giudice cosmico, sarà figlio di Dio, ma sempre in questo senso metaforico. Nel mondo ebraico dunque l’espressione «figlio di Dio» è metaforica, figurata. Non si pensava mai a uno che avesse Dio come padre. (Va detto che anticamente il Dio ebraico aveva una moglie, ‘Asherah, equivalente di Astarte-Ishtar-dea Venere, ma poi deve avere divorziato ed è rimasto solo.) Pensare a un figlio di Dio in senso materiale, a uno che avesse Dio come padre, sarebbe stato probabilmente considerato blasfemo, ma in ogni caso era estraneo alla mentalità ebraica. Va osservato inoltre che l’espressione «figlio di Dio» indicava sempre un essere umano, mai un essere divino o semidivino: che si trattasse di un profeta, di un taumaturgo o di un re, era comunque un essere umano, seppure con doti straordinarie.

Gli evangelisti, di lingua e cultura greca, interpretano l’espressione alla maniera greca, intendendo cioè un figlio di Dio in senso materiale, come era normale nella mitologia greca, dove molti eroi e semidei avevano un genitore umano e uno divino: Ercole, Achille e molti altri. Quello che più assomiglia a Gesù è Ulisse, che come Gesù ha due padri, uno celeste, in quanto detto figlio di Zeus, e uno terreno, Laerte; però poi Ulisse diventa re di Itaca perché figlio di Laerte, non perché figlio di Zeus, per cui c’è una contraddizione, così come, vedremo subito, anche in Gesù. Nel mondo greco era perciò normale pensare a un figlio di Dio in senso materiale, cioè a uno che avesse un dio come padre o una dea come madre. Quindi il racconto del concepimento miracoloso di Maria è un modo per rendere Gesù figlio di Dio in senso greco e non in senso ebraico.

 

Betlemme – Il motivo principale per la narrazione della nascita è però la necessità di far nascere Gesù a Betlemme. Questo per via di una profezia tratta dal libro del profeta Michea e ripresa dal Vangelo di Matteo, secondo cui da Betlemme sarebbe arrivato il messia e sarebbe stato un discendente del re Davide, secondo la tradizione originario proprio di Betlemme.

Ora, questo era un problema: Betlemme si trova poco più a sud di Gerusalemme, quindi nella Giudea, nella parte meridionale della Palestina, mentre Gesù veniva dalla Galilea, ossia dal nord. Così Matteo e Luca si inventano due storie diverse e incompatibili fra loro per far nascere Gesù a Betlemme. Infatti, secondo Luca, Giuseppe e Maria abitano a Nazaret, poi a un certo punto devono andare a Betlemme per quella storia ridicola del censimento (in nessun censimento al mondo si è mai detto a qualcuno di andarsene da un’altra parte; e il presunto antenato di Giuseppe, Davide, era vissuto secondo la tradizione ben mille anni prima). Invece, secondo Matteo, Giuseppe e Maria abitano già a Betlemme, e per questo Gesù nasce lì; poi fuggono in Egitto per evitare la famosa strage degli innocenti voluta da Erode (che è un’invenzione perché non c’è mai stata, è un’eco della nascita di Mosè nell’Antico Testamento); di ritorno dall’Egitto dicono: no, non torniamo a Betlemme, lì Erode non c’è più ma c’è un figlio, che forse è anche peggio, meglio non fidarsi, andiamo piuttosto in Galilea. Così, dice l’evangelista, si stabiliscono a Nazaret, perché in tal modo si sarebbe avverata la profezia che dice «lo chiameranno nazareno».

 

Nazareno – In questa frase ci sono due invenzioni, o meglio un’invenzione e un malinteso. L’invenzione è che non esiste nessuna profezia che dica «lo chiameranno nazareno». Il malinteso è che nazareno non vuol dire «di Nazaret». Tutta la storia di Nazaret deriva da questo malinteso. Nei Vangeli in greco Nazaret è chiamata in vari modi: Nazarét, Nazaréth, Nazará, dove la seconda vocale è un alfa; nazareno si dice nazoraios, dove la seconda vocale è un omega; linguisticamente nazoraios non può derivare da Nazaret. Forse il termine è di origine mesopotamica, neser, col significato di «custode dei misteri» o «protettore dei segreti religiosi»; se fosse così, sarebbe simpatico sapere come e soprattutto dove Gesù avesse conseguito questo appellativo.

 

Date – Nei due racconti vi è discordanza anche per le date, e in particolare Luca si contraddice. Secondo Matteo, la nascita di Gesù avviene nel periodo di Erode il Grande, che muore nel 4 a.C.; stando al racconto, Gesù sarebbe nato un paio di anni prima, verso il 6 a.C. (Fa un po’ sorridere dire che Gesù nasce sei anni prima di Cristo, ma il nostro calendario è molto approssimativo.) Invece Luca fa confusione. In Luca c’è il famoso riferimento al quindicesimo anno di Tiberio, in cui Gesù comincia la sua predicazione e ha «circa trent’anni». Ma questa indicazione contraddice il racconto dello stesso Luca riguardo alla nascita di Gesù.

Luca infatti comincia il suo lungo racconto, che parte addirittura dal concepimento di Giovanni Battista, affermando che si era nell’epoca di Erode. Però poi fa riferimento al censimento tenuto da Quirino, governatore della Siria. Tuttavia, stando a quanto riferisce lo storico ebreo Giuseppe Flavio, Quirino arriva in Siria nel 6 d.C., quando Erode è morto da un decennio, e il censimento si tiene fra il 6 e il 7 (e fra l’altro non dovrebbe avere riguardato la Galilea, governata separatamente da Erode Antipa). Perciò, se Gesù nasce all’epoca del censimento, nel quindicesimo anno di Tiberio non ha «circa trent’anni» ma 21 o 22; mentre, se nasce all’epoca di Erode, di anni ne ha almeno 35. Storicamente non si sa quando sia nato Gesù; sembra però plausibile una nascita al tempo di Erode, per cui al momento della morte Gesù doveva essere sulla quarantina.

 

Re Davide — Secondo Michea, inoltre, il messia deve essere un discendente del re Davide. Per questo i due Vangeli riportano la genealogia di Gesù. Sono due genealogie diverse, che coincidono solo in piccola parte. Fra l’altro, secondo Matteo la discendenza da Davide avviene tramite Salomone, secondo Luca tramite Natan, altro figlio di Davide. Però in entrambi i casi la genealogia riguarda Giuseppe; è lui a discendere da Davide. Ma poi viene detto che Gesù non è figlio di Giuseppe, per cui c’è una contraddizione, come abbiamo visto anche per Ulisse.

Se i Vangeli di Matteo e Luca si sforzano di far nascere Gesù a Betlemme e di dimostrare che è discendente del re Davide, una curiosità è che nel Vangelo di Giovanni questo non è noto. Qui infatti gli ebrei che sono ostili a Gesù dicono: no, questo qui non può essere il messia, perché noi sappiamo che il messia deve venire da Betlemme ed essere un discendente del re Davide; invece questo viene dalla Galilea e non c’entra niente. Evidentemente chi ha scritto il Vangelo di Giovanni non aveva letto gli altri due.

 

 

 

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